Edizioni dell’Erba
RECENSIONE DEL MAESTRO, ALESSANDRO PIERFEDERICI
Quante volte la semplicità e la fruibilità di uno scritto diventano banalità, o per la limitatezza dei concetti espressi dell’autore o per l’insufficiente preparazione o disposizione d’animo all’accoglienza delle notizie e informazioni da parte del lettore? Questo saggio del maestro Stefano Boddi supera in modo eccellente questi potenziali ostacoli grazie ad un elemento imprescindibile in ogni scritto, sia narrativo o poetico sia – e vorrei dire a maggior ragione – di impronta saggistica: il coinvolgimento emotivo ed emozionale che, in Boddi, si fonde anche con l’ispirazione spirituale del credente non fermo ad una religiosità esteriore, formale e di maniera ma che penetra nelle più intime convinzioni e verità della propria fede.
Semplicità profonda e fruibilità coinvolgente sono quindi gli “ingredienti” di questo breve saggio dedicato dal maestro Boddi, musicista e direttore d’orchestra di rara competenza e sensibilità artistica, ad uno dei massimi capolavori giovanili (ammesso che per la vita di Mozart si possa parlare di qualcosa di diverso dalla giovinezza) di Wolfgang Amadeus Mozart, la “Messa dell’Incoronazione” K.317, composta a Salisburgo, prima di un nutrito ed importante catalogo di opere sacre destinate alle celebrazioni religiose della città e della corte dell’Arcivescovo Colloredo, in un ambito storico in cui l’Impero Asburgico si ergeva ancora a baluardo della cattolicità romana rispetto ad altri territori più settentrionali di area tedesca legati al culto religioso e alla conseguente tradizione musicale liturgica luterana.
Semplicità di linguaggio, si diceva, nello stile immediato, quasi dimesso, dell’autore, che sembra colloquiare amichevolmente con ciascuno dei suoi lettori, ma insieme “profondità” di pensiero e di convinzione, competenza musicale e forza nell’esprimere ciò in cui egli crede: ed ecco che il dialogo amichevole verte su temi musicali e biblici, artistici e fideistici, in un connubio di cultura e spiritualità che lascia il segno e stimola alla riflessione. La fruibilità del testo è quindi assicurata dalla scelta di non gravare con un eccesso di tecnicismi; anzi, la conoscenza superiore dell’autore si delinea anche in questo mettersi nei panni sia di un ipotetico lettore/ascoltatore del tutto digiuno di musica, che affronti questo capolavoro per la prima volta e che non può non restare coinvolto dalla curiosità di ascoltare il brano, sia di un musicista, appassionato o professionista, che ne riceve lo stimolo e il desiderio di riguardarlo, ristudiarlo, approfondirlo, alla luce di queste magistrali osservazioni.
Il breve testo (una cinquantina di pagine arricchite da un pregevole repertorio iconografico dal quale si evince ancora una volta la sovrumana perfezione e pulizia della scrittura manoscritta mozartiana) annovera fra i suoi pregi anche la distribuzione formale del contenuto, essenziale nelle notizie biografiche e storiche, funzionali al contenuto principale del testo, preciso nelle informazioni e nei dati irrinunciabili per affrontare la lettura analitica della composizione, chiarissimo nelle descrizioni, nei riferimenti extramusicali, nell’approfondimento di ogni brano della Messa, suddivisa notoriamente nelle sei sezioni dell’Ordinarium, corrispondenti ad altrettanti brevi capitoli della parte analitica del saggio.
In questa parte più descrittiva, l’autore, da musicista, ci guida quasi per mano sui sacri sentieri dell’ispirazione mozartiana, di cui illustra la sovrana capacità ed intuizione nell’interpretare e rivivere il testo liturgico attraverso le risorse e gli elementi tipici del linguaggio musicale. Veniamo così accompagnati alla scoperta del significativo uso della tonalità, con il rapporto tanto speciale che in Mozart assume il dualismo do maggiore (dolcezza, speranza, trionfo), do minore (dolore, peccato, trapasso temporale); dell’impiego sapiente delle strutture formali plasmate non solo sulle parole e sull’elemento fonico ma sul significato più profondo del testo (la ripetizione citata della parola “Pacem” per 70 volte, ad esempio); del rapporto fra il quartetto vocale solista (l’individuo uomo) e il coro (l’umanità nel suo insieme); dell’uso significativo dello strumentale, che sappiamo essere una delle principali chiavi di lettura dello spirito e delle emozioni alla base della creatività mozartiana.
Se a tutto questo, che delizia il musicista che segue la partitura quanto il semplice lettore affascinato dal mondo che gli si apre davanti, si aggiungono i molteplici riferimenti a testi religiosi, biblici o meno, come già si accennava, con lo scopo di rendere ancora più chiaro il procedimento compositivo dietro al quale sta non solo una conoscenza ma una comprensione spirituale profonda del momento liturgico musicato, ci troviamo di fronte ad un quadro d’insieme coinvolgente e profondo, che la prosa di Boddi fa penetrare nell’animo del lettore con assoluta immediatezza. Numerose, ulteriori notizie costellano il saggio, dai riferimenti numerologici alla citazione del ben noto rapporto del compositore con la realtà della morte, il tutto sotto il segno di due aspetti che contraddistinguono il Boddi musicista e saggista: sensibilità e passione, cui si aggiunge una notevole dose di umiltà e attenzione verso coloro che hanno trattato lo stesso tema. Ma, al di là di osservazioni oggettive, che altri in precedenza possono aver anche già dedotto dallo studio della partitura, ciò che rende speciale questo breve scritto è proprio l’originalità data dalla sensibilità individuale dell’autore e dalla convinzione religiosa da cui è permeata ogni parola: lo si può leggere solo da musicista, solo da fedele cristiano, o da entrambi, e avrà tanto da dire a tutti.
Concludo con un consiglio: ascoltiamo prima la messa (non ci sottrarrà più di una mezz’ora), leggiamo poi questo saggio e quindi riascoltiamola, e scopriremo quanto sarà diversa e quanto queste parole, unite a quella musica immortale, ci avranno toccato l’anima e avranno cambiato qualcosa in ciascuno di noi.








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