Siamo esseri magici, anime colorate, incarnate in corpi schiavi di una società che spesso indottrina, e non ci permette la nostra massima espressione. Ma si sa la vita è rivoluzione e alcuni uomini vincono la propria…
La società ci porta a omologarci, a seguire stereotipi estetici e sociali, prendere esempio da modelli di “successo”. Vestire in un certo modo, mangiare in un certo modo, essere fisicamente in un certo modo. Pensare in un certo modo… Ma quel certo modo che la massa segue, spesso come greggi senza pastore, è davvero il modo giusto? Nella mia esperienza, non avendo mai seguito mode, culti o altre ideologie umane, credo che l’unica via giusta da seguire in una società civile e progredita è l’amore per sé stessi e per il prossimo. Ciò basterebbe per convivere in pace; senza più catalogare “diversi” persone per le loro disabilità fisiche o mentali, oppure per i loro gusti sessuali, o semplicemente perché non si conformano alla massa; ma si distinguono.
Spesso ci si dimentica che siamo anime incarnate, ognuna diversa dall’altra, siamo esseri unici e mutevoli… Ciò che sentiamo, desideriamo, non è importante alla collettività; solo come “appariamo” desta stima o indispone…
Ma, “Chi può stabilire cosa ci rende davvero felici?”. Con queste sue parole accolgo l’ospite di oggi… Un uomo che ha saputo andare oltre al giudizio altrui, si è ascoltato! Ha lasciato che la sua essenza, la sua libertà e unicità prendessero il sopravvento. Rivoluzionando la sua vita.
Conosciamolo meglio
Stefano Ferri, classe 1966, è giornalista, scrittore e consulente in comunicazione. Nel 2004 ha ricevuto il Premio Hilton per il giornalismo specializzato in turismo d’affari, e nel 2006 il Premio Italia for Events per la stampa di settore. Nel 2022 gli è stata assegnata la menzione speciale al TTG Star Award, che riconosce ogni anno la personalità di spicco del turismo italiano. È autore di quattro romanzi, di cui il più recente racconta autobiograficamente la sua esperienza di “uomo vestito da donna”: Crossdresser – Stefano e Stefania, le due parti di me (Ugo Mursia Editore). Rappresenta il primo tentativo in assoluto di raccontare questa forma di diversità approfondendone non solo gli impatti familiari, privati e sociali, ma anche la causa. Due dei suoi altri romanzi, Seppellitemi in cielo e Il bambino che torna da lontano (Robin Edizioni), sono stati tradotti e distribuiti in 14 Paesi. Da molti anni è attivo a sostegno dei diritti civili, dando testimonianza, su giornali, tv e social media.
Un uomo che ha sfidato la società, mostrandosi in una veste inusuale, tubino e tacchi (che invidia! come vorrei saper camminare sui tacchi… anche io!). Destando tanto interesse e tante critiche; ma lui ha continuato e continua a sfidare le malelingue e le occhiatacce ogni santo giorno!
Come fa? Qual è il suo segreto? Chiediamoglielo.
Innanzitutto ti ringrazio di essere qui. La tua storia è già nota al grande pubblico ma a me piacerebbe tanto sapere quali emozioni il tuo animo ha vissuto nel momento in cui hai fatto crollare le tue paure e sei riuscito a esprimerti liberamente.
Fu un intreccio assai difficile da descrivere. Per sintetizzare, ricondurrei tutto a
due tipologie. Da un lato l’entusiasmo, e per entusiasmo intendo qualcosa di profondo e universale, la sensazione che il sangue si mettesse in circolo per la prima volta in tutta la vita. Bisogna averlo provato per capire. Dall’altro ancora paura, sì. Per una paura che avevo superato, un’altra si insinuava: quella dello stigma, del dileggio se non persino della violenza. Mi ci vollero molti anni ancora per superarla.
Come hanno vissuto tua moglie e tua figlia questo tuo cambio di look?
Mia figlia in nessun modo, essendo nata a cambio di look già avvenuto e dunque percependomi normale (fatto assai indicativo di come normalità e anormalità siano frutto di mere percezioni). Per mia moglie invece il discorso fu molto diverso, essendo io giunto al crossdressing dopo il matrimonio. In termini di marketing, diciamo pure che aveva comprato un prodotto e se ne ritrovò un altro. Furono anni difficili, di negazione, rifiuto, lotta affinché si riaffermasse lo Stefano “di prima”. Ma anche, anni eroici in cui Licia corse disperatamente in avanti per superare i propri pregiudizi. Oggi, a guardarli a ritroso, li considero una gigantesca dichiarazione d’amore.
Nei rapporti lavorativi quanto è stato difficile essere credibile agli occhi degli altri?
Meno di quanto si crederebbe. Quando iniziai il crossdressing indossavo abiti da donna part-time, solo in alcune circostanze, e ciò senza dubbio aiutò. Ma quel che conta è che dirigevo un mensile specializzato, e il ruolo di direttore di un periodico dà un prestigio al di là di qualsiasi ostacolo. Quando mi licenziai fui circondato da richieste di consulenza, così liberando la mia vera vocazione professionale, quella del PR.
Quando ti senti Crossdresser; in abiti maschili o femminili?
Indosso solo abiti femminili – o meglio, convenzionalmente riservati alle donne.
Nel tuo ultimo libro Crossdresser– Stefano e Stefania, le due parti di me (Ugo Mursia Editore). Qual è il messaggio che vorresti arrivasse al lettore?
I messaggi sono due. Primo: ognuno ha una forma di unicità. Io ho raccontato la mia, agli altri il compito di trovare la loro. Secondo: quest’unicità va liberata, altrimenti non è possibile vivere.
Che cosa è l’amore per te Stefano?
Faccio mia la meravigliosa definizione di Marguerite Yourcennar: amare significa capire qual è la cosa più importante per l’altro/a e dargliela.
Da molti anni sei attivo a sostegno dei diritti civili, dando testimonianza, su giornali, tv e social media. Un messaggio a chi ancor nasconde la sua indole per timore del giudizio altrui.
Dietro a ogni persona giudicante c’è un represso che vi invidia. Dategli/le una lezione manifestando superiorità ai suoi pregiudizi. E un giorno vi imiterà.
Che rapporto hai con la spiritualità?
Di sicuro esiste qualcosa che possiamo chiamare convenzionalmente Dio, o principio creatore. Non riesco a credere che tutto ciò che vediamo sia frutto del caso. Però sono altrettanto certo che questo Dio nulla ha a che fare con ciò che è scritto sui testi cosiddetti sacri.
Albert Einstein sulla libertà diceva: “La libertà consiste nell’indipendenza del pensiero dalle limitazioni dei pregiudizi sociali”. Ti chiedo, a oggi ti ritieni un uomo libero?
Sicuramente. Con tutti i pro e i contro (la libertà si paga, perché chi non ce l’ha cerca di distruggertela).
Un sogno nel cassetto?
Vedere un mondo sempre più inclusivo.
E giungo alla mia curiosità iniziale. Non tutti hanno il tuo coraggio d’essere semplicemente se stessi. Qual è il tuo segreto. Come ci si libera del giudizio, dalla cattiveria immotivata che spesso ci circonda?
Volendolo fare. Nel mio caso è stata una necessità, non riuscendo io a vivere lontano dai miei abiti. Non per tutti la spinta interiore è così forte, ma sono certo che prima o poi ci si lascia alle spalle la cattiveria di chicchessia e si trova la spinta per camminare lungo la propria strada.
A settembre 2024 è uscito il suo nuovo romanzo “Due Vite Una Ricompensa” edito da Ugo Mursia Editore , uno stralcio della trama.

«Era la voce del cardinale che proclamava: “Un giorno tutto il mondo farà così”.»Anno Mille. In uno sperduto feudo del Regno di Lombardia la routine del contadino Guglielmo viene funestata dall’improvvisa – e gravissima – malattia della giovane moglie Rosa. Deciso a non rassegnarsi all’idea di perderla, mentre sacrifica tutto il raccolto a un viaggio della speranza allo Spedale di Milano, s’inventa un modo per non togliere il cibo di bocca ai suoi bambini: una pietanza sconosciuta chiamata riso, insaporita col contenuto dell’osso grande del bue. È la stessa pietanza che ritroviamo secoli dopo nella Milano di San Carlo Borromeo, tinta di giallo zafferano da un pittore del cantiere del Duomo, e che dopo la peste del 1576-77 lascerà una traccia perenne nei miti e nei riti dell’amore. Una storia emozionante, indicativa del senso della vita quant’altre mai.
Ringraziando Stefano Ferri per questa interessante intervista, qui trovate il link per acquistare i suoi libri.








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