EDUCARSI ALLA DISABILITÀ
ROSARIO RITO
“Prima di spingere una carrozzella, bisognerebbe imparare a camminare insieme”.
Questa frase racchiude bene il messaggio celato tra le pagine di questo saggio. L’autore ci propone considerazioni mirate per approfondire meglio le vere esigenze di una persona portatrice di handicap e come la comunità dovrebbe approcciarsi a tale condizione, imparando appunto a camminare insieme, a crescere insieme, potenziandosi a vicenda. Migliorando la comunicazione tra realtà diverse sì, ma entrambe degne di essere al mondo, avente gli stessi diritti e doveri e consapevoli che discriminazioni di qualunque natura siano, non possono essere più accettate in una società civilizzata.
Suddivido le mie considerazioni con l’ausilio di parole chiave trovate durante la lettura.
• ATTESA E ASPETTATIVA.
Partiamo dalla nascita del disabile, che Rito identifica come un Pellegrino.
Quando si è in attesa di un figlio, si creano nella coppia grandi aspettative, si idealizza un futuro roseo per il nuovo venuto, ma si sa che la vita riserva sempre sorprese e non sempre sono piacevoli da accettare, e può accadere che quel figlio, tanto idealizzato, nasca disabile.
• DELUSIONE E RABBIA, INCREDULITÀ.
Ciò porta nei genitori una sorta di rancore verso sé stessi e verso il proprio Dio. Si sentono smarriti, in preda al panico.
• PENSIERO CRISTIANO
Qui l’autore pone l’accento sul pensiero cristiano, un pensiero contradittorio che non ha la giusta risposta alle domande di una famiglia credente che, non accetta la nascita di un figlio disabile, ha pregato, ha confidato nella nascita di un figlio sano e si ritrova innanzi ad una creatura fragile, che dovrà accudire non conoscendo i suoi reali bisogni e con il timore del domani: quando resterà per forza di cose sola in balia della società.
• IL CRISTO SINONIMO DI SOFFERENZA?
Restando sulla figura del Cristo, Rito ci sprona a riflettere su come spesso si indentifichi il sofferente, il disabile o il malato, come figlio prediletto di Dio; come se la sofferenza fosse l’unica via per vivere degnamente questa vita; dimenticando che Dio non richiede né il dolore, né il sacrificio, ma ci chiede di accogliere la nostra vita con gioia e amore, nonostante le difficoltà, celebrarla in tutte le sue sfumature.
• ACCOGLIERE
Nella vita di un disabile l’accogliere spesso viene meno, per vari fattori fisici o psichici o per le scelte familiari che portano il nuovo venuto a essere recluso in casa, credendo così di proteggerlo, isolandolo dalla realtà, richiudendolo in una bolla. Non possono accogliere il nuovo se non si dà loro la possibilità di viverlo. Si compie l’errore di negare nuovi stimoli, seppur si faccia per amore, si rende il figlio prigioniero di in un mondo illusorio, costruito di bugie, dove cresce senza trovare una sua identità. Impreparato a quel domani dove quella bolla per forza di cose scoppierà, lasciandolo inerme innanzi alla realtà che lo circonda.
• ACCETTAZIONE
Accettare un figlio disabile non è cosa facile: si creano nella coppia paure e spesso la vergogna del giudizio altrui s’impossessa del buon senso e dell’amore, tanto che molti genitori decidono di abbandonare o rinchiudere quel figlio in casa o in qualche istituto.
• COLLABORAZIONE:
È importante invece collaborare, trovare il giusto modo per sostenere un figlio disabile, ma nel contempo dargli mezzi e stimoli affinché, anche lui, faccia la sua parte e si valorizzi, trovando il suo posto nella società; sentendosi parte della comunità.
• BISOGNO DEGLI ALTRI
Occorre saper chiedere aiuto, cosa che molte famiglie non fanno, sottraendo al proprio figlio la possibilità di costruirsi una vita sociale attiva e gioiosa.
• SENSIBILITÀ
Per arrivare ad una collaborazione fruttuosa sia in famiglia che fuori occorre sensibilità, occorre un approccio giusto che non si basi su commiserazione o pietà: nessun disabile vuole questo, anche se molti tendono a crogiolarsi nel loro stato, privandosi di migliorare la loro condizione, spesso lo fanno per paura o perché sono sempre stati iperprotetti dalla famiglia, e ora non hanno le basi per credere nelle loro capacità. La sensibilità sta nell’ accogliere la diversità e amalgamarla alla società in modo da non far sentire il disabile emarginato, ma collaborativo nel suo essere e nelle sue abilità.
• AMICIZIA E SOCIALIZZAZIONE
Nessun essere umano può rimanere solo, la socializzazione fin da bambini è importante: è il motore che ci rende vivi e accettati. Per i disabili è fondamentale sentirsi accettati nella società, far parte di un gruppo.
• APPARENZA
Rito in questo dettagliato saggio evidenzia quanto la società viva di apparenza e quanto la diversità fisica ancor oggi sia un muro difficile da buttare giù.
LA PATENTE DEL PELLEGRINO
• Forse anche la parte del libro più importante, qui estrapolo un passaggio:
“La Patente del saper Convivere con gli altri si acquisisce con l’accettazione del prossimo nella sua integrale entità. È una Patente che porta il nome Amare, costituita e valorizzata dall’Accoglienza. Non occorre un esame per possederla, perché ce l’hanno donata al momento della nascita, nel momento in cui con il nostro pianto comunicavamo a nostra madre di avere fame. Tutti, anche nel male, nella perplessità, nell’orgoglio e nelle diversità siamo tutti proprietari di una Patente da Pellegrino”.
Sono tanti gli argomenti trattati in questo saggio.
Un libro che consiglio di leggere con il dovuto tempo, rispetto e con molta attenzione per comprendere appieno il messaggio dell’autore che in questo saggio mette tutto sé stesso: i suoi studi, la sua consapevolezza, l’amore per questa tematica e la sua esperienza vissuta in prima persona.
Monica Pasero
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