Rosario Rito
LABIRINTI 1
Funzione e destrezza soggettiva tra scontato e cogito.
“La vera e autentica libertà di un uomo non consiste nel sa¬per volare, come le rondini e gli uccelli verso l’infinito azzurro del cielo, ma nella propria capacità di saper ricrearsi per con¬tinuare a sognare, se non si vuole correre il rischio di rimane¬re preda della propria agonia”.
Rosario Rito
Ognuno di noi ha una strada da percorrere, per molti è aperta con pochi ostacoli, per altri è un labirinto con alti muri, appare senza via di uscita.
Capita, quasi a tutti noi, in vari stadi della nostra vita di ritrovarci in quel labirinto. Non sempre troveremo indicazioni per uscirne, sarà sola la nostra perseveranza, la nostra capacità di credere in noi stessi a spingerci a proseguire, a non arrenderci a quel labirinto esistenziale, apparentemente senza via d’uscita, che ci porrà innanzi ai nostri limiti, ma nel contempo ci insegnerà a superarli. “Trovando il modo giusto”.
Perché non esiste un modo uguale per tutti. Ogni essere umano ha il suo giusto modo. L’autore lo spiega con esempi pratici, facendoci comprendere l’errore della collettività che aggrappata al modo comune di agire, crede sia l’unico modo possibile. Ma non è così! Lo confermano i tanti uomini e donne che nei tempi hanno saputo vedere nella propria disabilità, sia di nascita o giunta nel tragitto, le loro grandi potenzialità: superando gli ostacoli “in altro modo” per arrivare al loro obiettivo.

Rito tratta la disabilità, partendo da un presupposto davvero foriero di innovazione che ci porta a valutarla sotto un’altra prospettiva; ci apre gli occhi su questa condizione “naturale e umana”. Ci fa comprendere che, paradossalmente, nascere disabile è il male minore che diventarlo in seguito ad una malattia o un incidente.
L’autore parte dal presupposto che nascere disabili significa avere delle mancanze, che però solo la società tende a evidenziare, ed è qui che il disabile inizia a muovere i primi passi nel suo labirinto esistenziale, prova e riprova fino a che trova il giusto modo per fronteggiare i suoi bisogni primari: ma lo fa per necessità individuale, non è emulazione, è ben conscio di ciò che gli serve e i mezzi che ha per raggiungerlo. In realtà i soggetti definiti fragili non sono sempre i disabili, spesso sono i normodotati che vedono la disabilita come una malattia contagiosa, tendono a stare lontani, timorosi di quella realtà che non conoscono, e questo nella evoluzione umana si è visto.
Nella premessa dell’autore ci sarà modo di comprendere il pensiero sui disabili durante l’evoluzione umana, in varie epoche. Un assaggio: “Aristotele affermava che: “Per ciò che riguarda l’abbandono o l’allevamento” – forse li paragonava a vacche e pecore da pascolo – “…dei neonati, deve esserci una legge che non permetta di allevare i figli deformi; ma circa il numero dei bambini, se gli usi e i costumi impediscono il loro abbandono, deve anche esserci un limite alla loro procreazione”. Aristippo, a sua volta, pensava che un uomo potesse fare ciò che voleva con i propri figli, affermando cinicamente: “Si eliminano saliva, pidocchi e simili, come cose inutili, pur essendo prodotte e avendo origine da noi stessi, perché non farlo con i bambini o figli deformi”.
C’è un passo che mi va di condividere in cui l’autore dice: “Siamo tutti grandi oratori quando un qualcosa non succede a noi. Io sono nato spastico e, credetemi, nonostante i miei fallimenti, dispiaceri e sensi di solitudine, sono fortunato. Sembra assurdo, ma una cosa è raggiungere, conquistare, realizzare, custodire, un’altra è perdere tutto, compresa la tua ragion d’esistere!”. Rito qui pone l’accento sulla differenza che c’è tra la disabilità alla nascita e quella sopraggiunta a causa di malattie, incidenti, ecc. Due disabilità apparentemente simili, ma se nella prima si nasce e si convive da subito con quello stato che diviene naturale, nella seconda il risveglio alla nuova condizione è devastante: avendo ricordo della vita vissuta poco tempo prima.
Un altro tema affrontato sono i sentimenti comuni ad ogni essere umano disabile o meno.
“È più facile commiserare e dar tutto per scontato piuttosto che verificare la realtà e, con ciò, prendere coscienza che non si soffre per causa delle proprie limitazioni fisiche, pratiche o spirituali, ma semplicemente perché si è perso¬ne e, come tali, fonte innata di sentimenti ed emozioni”.
Rosario Rito nel suo percorso di vita ha saputo trovare la giusta consapevolezza al suo stato di disabilità, divenendo non vittima della sua condizione, come la società ci porta a credere d’essere, bensì fautore della sua vita; in questo libro sprona il lettore a nuovo pensiero, a vedere il disabile non come un uomo anormale, ma porlo al pari dei suoi simili. Ebbene sì, tra le righe si avverte questo pensiero che sia abili che inabili, come la società ha voluto catalogarli, hanno in comune le emozioni, i sentimenti, i sogni che giocano un ruolo fondamentale nel loro cammino. Ci vuole forza, coraggio, distacco per non cadere nell’illusorio status quo fatto di esteticità, apparenza, che ci porta a omologarci a un prototipo d’uomo e donna con un’ estetica, e un pensiero e una condizione sociale che calzi ad ognuno al giusto modo, ma ciò non è possibile: a meno che non si voglia snaturare la nostra identità individuale; quasi fossimo dei Robot.
E in questo scritto si parlerà anche di intelligenza artificiale, vista da Rito sotto un’altra ottica…
Rito fa un viaggio nell’ evoluzione umana su quanto la tecnologia abbia favorito gli uomini, agevolandoli nel tempo; ricordando che è l’uomo ad aver creato la tecnologia, il progresso, fino all’ Intelligenza artificiale, e non l’opposto. Un concetto molto sentito dall’ autore che mette in risalto le grandi potenzialità mentali degli uomini, ma anche la loro stoltezza: creano e non sanno gestire la loro creazione. Un po’ come degli impacciati, insicuri dei…
Ma in questo lungo viaggio di riflessioni importanti. Sito ci parla anche di speranza, rimarca quanto sia fondamentale per costruirsi una vita felice e appagata anche nelle difficoltà, quanto sperare e avere fiducia in se stessi possa fare la differenza, come ha fatto per lui e per tanti altri che, per varie vicissitudini della vita, si sono dovuti reinventare.
Tra queste pagine tratta anche il pensiero cristiano sulla disabilità, che erra: la vede come una croce da portare con fede e preghiera, ma dimentica le parole di Gesù che disse al paralitico: “Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina…” (Mc 2, 1-) ad ognuno le giuste considerazioni
Tengo a evidenziare che questo libro dal titolo difficile, che potrebbe far presuppore un testo noioso e colmo di concetti non comprensibili a tutti, non lo è affatto! Anzi è un buon modo per ascoltare la voce di chi la disabilità la vive sulla sua pelle e comprendere il suo punto di vista, facendo propria la sua esperienza. Comprendendo che in fondo tutti noi abbiamo disabilità evidenti e abilità nascoste, basta essere consci di cosa vogliamo essere in questa vita e camminare in quel labirinto fiduciosi che le capacità umane sono infinite, se davvero ci si crede.
Lettura consigliata.
Monica Pasero
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